Trattasi di libere rielaborazioni di casi clinici reali nelle quali l'utilizzo di nomi e scenari fittizi tutela la privacy delle persone coinvolte senza nulla togliere alle dinamiche psicologiche sottese.
Ricevo Miriam presso il mio studio di Forlì. Era una bella e gentile signora che dimostrava una quarantina d'anni o poco più. Mi aveva contattato telefonicamente per fissare un appuntamento, dopo che i suoi figli le avevano fatto una certa pressione e le avevano procurato il mio nominativo guardando su internet.
"Mi arrabbio tanto, troppo, un po' con tutti... È che mi prendo troppo a cuore le cose", mi dice subito dopo essersi seduta. "Sono arrivata ad un punto della mia vita in cui sono stanca di correre e di darmi da fare per tutti e vorrei che fossero gli altri a pensare un po' a me!".
Poi mi racconta della sua triste vita.
Rimasta vedova ancora giovane, aveva tirato su da sola i suoi figli con dedizione e spirito di sacrificio, facendo l'operaia in una grossa azienda.
Pochi gli aiuti ricevuti dai parenti: sia dai propri, con cui non era mai stata in ottimi rapporti ,sia da parte di quelli del marito, che non l'avevano
mai vista di buon occhio.
Così Miriam aveva dovuto rimboccarsi le maniche e lavorare sodo con ben poche soddisfazioni, se non quelle che le procuravano i suoi due figli.
Vivere solo in funzione delle soddisfazioni che gli altri ci possono procurare è dura, per noi e per gli altri. Se non riusciamo a vivere
anche in base ai "nostri" desideri e alle "nostre" aspirazioni, finiamo per andare sotto stress.
Questo era proprio ciò che era successo a Miriam.
La sua ansia era facilmente riconducibile all'insoddisfazione esistenziale che lei provava e che cercava di mascherare: il suo bel sorriso aveva una nota triste e stonata e sembrava un sorriso un po' compresso, forzato.
Grazie alla grande energia e alla forte determinazione che la sostenevano (unite ad una considerevole sensibilità) bastarono poche sedute
a Miriam per accorgersi che lei non aveva tutto questo bisogno di essere importante per gli altri - come sostenne al primo colloquio - ma che
aveva solo bisogno di darsi il diritto di pensare di più a se stessa: uscire qualche volta con le amiche, concedersi qualche regalino (anziché
preoccuparsi solo di mettere da parte per i figli) e, specialmente, lasciarsi corteggiare.
Questa era una cosa che aveva sempre evitato, un po' perché la percepiva sconveniente di fronte ai suoceri con cui viveva a stretto contatto,
un po' perché temeva che i figli la prendessero male, e un po' (e questo ci mise più tempo a realizzarlo) perché aveva paura.
Lei si era costruita una scorza dura, una corazza per avere più strumenti per affrontare le tristi vicissitudini che la vita le aveva
riservato, ed anche quelle cui ancora avrebbe dovuto fare fronte.
Il matrimonio imminente della figlia grande - che di lì a poco, quindi, se ne sarebbe andata di casa - fu per lei l'evento critico: questa figlia
ora non aveva più bisogno della madre, che così veniva sgravata da tanti impegni.
Ma anziché sentirsi sollevata e alleggerita, Miriam andò in ansia. Fu l'occasione per ripensare la propria vita.
Dopo una dozzina di sedute era come rifiorita.
Venne all'ultimo colloquio piuttosto elegante e mi disse con un sorriso più vivo e luminoso del solito: "Questa sera devo uscire con una
persona che mi interessa...".
Se vorrai contattarmi, ti offrirò l'aiuto necessario per affrontare l'Ansia e/o superare la crisi esistenziale, ricevo negli Studi di Forlì
e San Mauro Pascoli.
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Dott. Giancarlo Signorini, Psicologo Psicoterapeuta a Forlì e San Mauro Pascoli, iscritto all'Ordine degli Psicologi della regione Emilia Romagna n. 3312.
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